di Andrea Bottega
Con l’approvazione del decreto Sostegni, per la prima volta, si infrange il muro dell’esclusività del rapporto di lavoro per la professione infermieristica, da sempre cucita addosso alla categoria. Peccato che il vincolo decada solo ed esclusivamente per la contingenza dell’emergenza Covid. E già su questo ci sarebbe tanto di dire, trattandosi di una questione che pure merita una profonda riflessione da parte del legislatore per consentire finalmente l’esercizio della libera professione agli infermieri del Ssn. Come del resto accade per i medici. Al di là di questo, vale comunque la pena fermarsi a riflettere sugli effetti del venir meno di questo vincolo sul piano pratico del contrasto alla pandemia.
Non mi sfuggono le finalità del dl sostegni e, quindi, l’obiettivo di voler allargare quanto più possibile il campo dei vaccinatori. Ma, paradossalmente, far decadere l’esclusività non è il mezzo per raggiungere il fine di averne di più. Almeno sul fronte degli infermieri. Insomma, questa misura sembra più che altro il classico specchietto per le allodole.
Cui prodest? Di certo non alla categoria. Quale convenienza ne trarrebbe sul fronte della remunerazione a somministrare i vaccini nelle farmacie piuttosto che negli studi medici o nelle aziende? Per fortuna almeno, grazie all’intervento Fnopi, si è corretta un’ulteriore stortura del testo, superando così l’errore esiziale del rapporto di lavoro in via esclusiva con le agenzie interinali. Ma non basta. Proprio perché le regole le detta il mercato, infatti, con una platea così estesa di vaccinatori, l’infermiere risulta per forza di cose “svalutato”.
Ben venga, invece, la strada scelta dalla regione Lombardia. Attraverso le risorse stanziate per le prestazioni aggiuntive, le aziende ospedaliere possono contare sugli infermieri al di fuori del loro orario di lavoro. Con un vantaggio non solo sul piano remunerativo ma anche assicurativo per la categoria.
La mission del governo di poter contare su sempre più vaccinatori, comunque, oltre al rischio anche in prospettiva di averne paradossalmente una diponibilità maggiore rispetto a quella della materia prima e cioè dei vaccini, sta portando alla ribalta anche un’altra questione: la falsa esigenza, a mio avviso, di uno scudo penale. Siccome ora a vaccinare è chiamato anche chi non l’ha mai fatto, tutti adesso chiedono questo strumento di tutela. Gli infermieri che vaccinano da sempre non hanno mai avuto uno scudo e si sono sempre assunti le responsabilità del loro operato. Ergo, sarebbe più logico che chi – tra medici, farmacisti e odontoiatri – non se la sente di somministrare le fiale non si facesse avanti.
Se il problema, poi, è il costo legale degli avvocati per le cause, basterebbe che lo Stato si facesse carico delle spese della difesa. In tal modo, non si porrebbero limiti alle indagini della magistratura sulle corrette modalità di somministrazione dei vaccini, ma si eviterebbe pure di instillare ancora più dubbi nei cittadini, dando adito a sospetti su una pericolosità dei sieri tale da giustificare la necessità di scudare i vaccinatori.
Segretario nazionale Nursind
Da www.nursindsanita.it