Il fallimento delle Usca- unità speciali di continuità assistenziale in Sicilia: dopo la prima chiamata i componenti dell'equipe diventano irreperibili, lasciando al proprio destino i cittadini positivi al Covid, dimenticati per mesi e con loro le famiglie, chiusi in casa per un tempo indefinito.
“Sono passati 17 giorni, da quel maledettissimo giorno in cui sono risultato positivo al Covid-19, 17 giorni che sono stato dimenticato da tutti, forse anche Dio, sono uno degli invisibili, insieme alla mia famiglia, di questa pandemia”.
Ieri, ho raggiunto al telefono Giuseppe (ndr. nome di fantasia), ed ha cominciato così questa lunga chiacchierata, nella quale mi ha raccontato la sua odissea, il suo dolore e quel senso di disorientamento che da giorni è motivo di angoscia e frustrazione.
Racconta Giuseppe – sono un infermiere, lavoro nella terapia intensiva post operatoria di un ospedale siciliano; era il 30 ottobre, ero reduce da una brutta influenza, e quel giorno ero in turno, sentivo che qualcosa non andava, che qualche sintomo era mutato, non sentivo gli odori, proprio non li percepivo più, così mi sono rivolto al medico che era in servizio con me, e gli ho manifestato i miei sintomi. Sono stato inviato al pronto soccorso e sottoposto ad un tampone Covid: positivo.
Mi è crollato il mondo addosso, e mi sono fatto subito mille domande, dove l’ho contratto? Come l’ho contratto? Lavoro in un reparto non Covid, utilizziamo la mascherina chirurgica, ma gli anestesisti con i quali collaboro, prestano assistenza ovunque, anche nei Covid, e due di loro sono risultati positivi.
Comincia qui l’incubo di Giuseppe, dopo il risultato positivo, si mette in moto tutta la macchina burocratica e l’infermiere va in isolamento.
A casa non è solo, ha moglie e figlia, con le quali ha avuto contatti fino ad un momento prima di andare a lavoro e scoprire la positività; la moglie è un’infermiera, tutti e tre entrano in isolamento.
Dal 30 ottobre il primo contatto con l’Usca è stato il 5 novembre, da allora sono irreperibili.
“Sono a casa da 17 giorni, l’Usca non risponde a nessun tipo di canale di comunicazione: telefono, messaggi in segreteria, e-mail, scomparsi. Non hanno fatto il tampone ai mia moglie e mia figlia, le quali hanno accusato sintomi che ricondurrebbero al Covid, nessuno ha chiamato per sapere come stiamo, per suggerire la terapia, o per rifare un tampone a me - c’è rabbia e disperazione nelle parole di Giuseppe, che aggiunge – non ho ammazzato nessuno, non ho fatto una rapina, ma sono agli arresti domiciliari da 17 giorni, e cosa più grave, senza che nessuno si ricordi che io esisto, sono un invisibile di questa pandemia, abbandonato al mio destino insieme alla mia famiglia, chiusa in casa con me, privi di supporto”.
Ed aggiunge: “Io sono un operatore sanitario ed avendo contezza della situazione, riesco ancora a mantenere un’apparente calma, ma questo trattamento è riservato a tutti, penso ad un cittadino qualunque, magari solo a casa e dimenticato, quanta paura deve provare - ho deciso di parlare perché tutti devono sapere che le USCA in Sicilia non funzionano, che il sistema fa acqua da tutte le parti, e che non andrà tutto bene, così non ne usciremo mai”.
tratto da : www.infermieristicamente.it