In corrispondenza dell’elevato numero di denunce di infortunio da Covid-19 non sono mancate le criticità gestionali: la prassi, consolidata negli anni, di certificazione degli infortuni sul lavoro unita alla novità della sindrome da Sars-Cov-2 (per il quale molteplici situazioni di assenza per malattia, di competenza INPS, si sono successivamente rivelati quadri morbosi di rilevanza INAIL) ha generato taluni cortocircuiti di sistema in cui il lavoratore non riusciva ad ottenere la conversione della pratica (cioè l’apertura dell’infortunio).
Covid-19, le misure adottate dall'INAIL per la tutela degli infortuni
L’emergenza Coronavirus, che sta stravolgendo ogni assetto sociale, ha principalmente posto sotto stress il sistema sanitario e i suoi attori, saturandone le possibilità operative. Ma non solo.
Lo sforzo assistenziale ha comportato pesanti ripercussioni sull’integrità dei professionisti sanitari sia sotto il profilo psichico che fisico, talvolta con conseguenze letali: gli aggiornamenti statistici al 26 aprile evidenziano 185 decessi tra il personale sanitario; il primo report INAIL dedicato al fenomeno delle infezioni sul lavoro da Covid-19 parla di oltre 28.000 contagi tra il 21 febbraio e il 21 aprile, il 73% circa dei quali riguardano gli operatori della sanità (quasi metà dei quali infermieri).
Inoltre, l’attuale scarsità di conoscenze impedisce di escludere lo sviluppo di postumi permanenti nei soggetti che hanno contratto l’infezione nelle forme severe, pertanto ancora maggior importanza riveste la presunzione del nesso causale (da cui professione sanitaria + positività al Coronavirus = infortunio) ai fini del riconoscimento della tutela indennitaria.
All’uopo l’INAIL sul tema del rischio professionale (in costante aderenza al consolidato orientamento della Corte di Cassazione) ha sottolineato che in conseguenza dell’attuale stato pandemico deve essere considerato ‘specifico’ per talune categorie vista la loro particolare esposizione.
Inquadramento giuridico infortunio Covid-19
La normativa in tema di infortunio sul lavoro e malattie professionali, sostanziata nel relativo Testo Unico e nei numerosi strumenti integrativi intervenuti successivamente, ha subìto l’intervento della legislazione d’urgenza; in particolare gli articoli 42 e 34 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 hanno stabilito che:
Nei casi di infezione accertata da coronavirus, contratta in ambienti di lavoro o in itinere, la prestazione a tutela dell’infortunato è competenza dell’INAIL (gestione assicurativa) e comprende anche i periodi di quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria
All’avvio della pratica di infortunio è tenuto il medico di prime cure attraverso la redazione e la contestuale trasmissione telematica del certificato alla sede territoriale competente dell’Istituto
I termini di prescrizione (triennale per indennità, quinquennale e decennale per le rendite) e decadenza (90 giorni) delle azioni a tutela delle prestazioni a tutela del lavoratore (e degli eredi) sono sospesi dal 23 febbraio al 1° giugno 2020
Il necessario approfondimento in chiave gestionale è arrivato con la Circolare INAIL n.13 del 3 aprile che ha precisato che:
Il contagio durante la prestazione professionale è presunto per talune categorie di lavoratori (e in primis quella sanitaria appunto) ed il lavoratore non è tenuto a darne prova
Laddove l’identificazione eziologica fosse problematica, l’eventuale accertamento medico-legale del nesso causale dovrà seguire l’ordinaria procedura dando priorità ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale
L’ambito di tutela è garantito ai lavoratori dipendenti e assimilati (oltre a quelli previsti dal d. l.vo n.38/2000) operativi presso datori pubblici e privati
La centralità dell’acquisizione della certificazione dell’avvenuto contagio, in quanto elemento costitutivo (assieme all’occasione di lavoro) della fattispecie “malattia-infortunio”
La certificazione dell’avvenuto contagio può essere resa attraverso qualsivoglia “documentazione clinico-strumentale in grado di attestare, in base alle conoscenze scientifiche, il contagio stesso”
La qualificazione di Covid-19 quale infortunio Inail è oggi fondata sulla positività del test di conferma. Allo stato la diagnosi di sospetto clinico, data la variabilità di quadri e la sovrapposizione con altri processi morbosi, non è da sola utile per ammissione a tutela.
Tuttavia, stante la segnalata incostanza nell’effettuazione dei test su tampone, secondaria alle difficoltà operative in fase di emergenza, in tali fattispecie può intendersi per conferma diagnostica ai fini medico-legali-indennitari, la ricorrenza di un quadro clinico suggestivo di Covid- 19, accompagnato da una rilevazione strumentale altrettanto suggestiva, in compresenza di elementi anamnestico-circostanziali ed epidemiologici dirimenti. Potrà confortare la diagnosi il risultato del test sierologico, qualora disponibile
Alla luce della situazione emergenziale, sia la redazione della certificazione, sia le modalità di trasmissione, non devono essere interpretate in modo rigoroso dalle sedi territoriali INAIL, bensì l’accoglimento delle denunce deve operare in favore dell’infortunato agendo in maniera proattiva verso i datori di lavoro (nel primo periodo è stato accettato il certificato di malattia per l’apertura dell’infortunio)
Il datore di lavoro dovrà effettuare, come per gli altri casi di infortunio, la denuncia all’Istituto compilando, nel caso di contagio da nuovo coronavirus l’apposito campo ‘malattia infortunio’ presente nell’applicativo relativo alla denuncia di infortunio on-line. La valorizzazione di tale campo rende facoltativa la compilazione dei campi ‘data inizio prognosi’ e ‘data fine prognosi’
In corrispondenza dell’elevato numero di denunce di infortunio da nuovo coronavirus non sono mancate le criticità gestionali: la prassi, consolidata negli anni, di certificazione degli infortuni sul lavoro unita alla novità del caso Covid-19 (per il quale molteplici situazioni di assenza per malattia, di competenza INPS, si sono successivamente rivelati quadri morbosi di rilevanza INAIL) ha generato taluni cortocircuiti di sistema in cui il lavoratore non riusciva ad ottenere la conversione della pratica (cioè l’apertura dell’infortunio).
Si è creata una sostanziale impasse tra il medico di base e il servizio di medicina del lavoro. In tali casi diviene necessario l’invio di una comunicazione scritta al datore di lavoro (che resta comunque obbligato alla denuncia), in modo da sollecitare e ottenere l’apertura della pratica per il riconoscimento delle dovute tutele.
Infine, è altamente consigliabile per ogni lavoratore assente dal lavoro a causa di infezioni da Sars-Cov-2 (anche solo sospette) mantenere un filo diretto con il proprio medico di base e con il medico competente allo scopo di effettuare una approfondita valutazione del singolo caso di specie e ovviare ad un eventuale incauto rientro sul posto di lavoro, altresì confortato da doppia negatività al tampone naso faringeo, ma in concreto sconsigliabile (in senso prudenziale) a causa della presenza profili semeiotici subdoli e della ancor (comprensibile ma) insufficiente conoscenza riguardo a patogenesi, complicanze e prognosi relative alle infezioni da nuovo coronavirus.