Venerdì 28 gennaio 2022 presente alla manifestazione che si terrà sotto la sede dell’assessorato della sanità a Pescara sarà presente anche una delegazione del Nursind Teramo. “La misura è colma e la decisione era inevitabile” si legge in una nota redatta a livello nazionale dalla sigla sindacale, alla quale fa eco anche il segretario territoriale Giuseppe De Zolt: “Sciopereremo perché crediamo che valorizzare la nostra professione sia nell’interesse dei cittadini e che migliorarne le condizioni di lavoro migliorerebbe l’assistenza di tutti”. Fra le ragioni principali della protesta, dopo due anni di emergenza sanitaria, i tempi lunghi di chiusura del nuovo contratto collettivo nazionale ed il mancato inserimento dell’emendamento alla Legge di Bilancio 2022, che avrebbe dovuto svincolare l’erogazione dell’indennità specifica dal rinnovo contrattuale. Nello specifico, i rappresentanti del Nursind annunciano la mobilitazione dell'ultimo venerdì di gennaio attraverso alcuni punti importanti, a partire dal fatto che il governo Draghi non ha ritenuto di dare alcun segnale di vicinanza agli operatori (non solo infermieri, ma anche ostetriche, OSS e professionisti sanitari), erogando già da questo mese le risorse stanziate a dicembre 2020. “Il personale medico già da un anno ha giustamente ricevuto mezzo miliardo di euro, il restante personale sanitario e sociosanitario ancora nulla. Siamo i più esposti, garantiamo l’assistenza nelle 24 ore e siamo trattati come figli di un dio minore”.
Le condizioni di lavoro sono diventate inaccettabili: spostamenti continui e improvvisi di reparto, ferie bloccate, nessun affiancamento per i neoassunti, montagne di ore di straordinario, prestazioni aggiuntive non pagate, nessuna quarantena per i contatti stretti, sempre sotto-organico, richiamati continuamente in servizio, i primi per i quali è stato deciso l’obbligo della vaccinazione per lavorare ed abbiamo gli stipendi tra i più bassi d’Europa. Il peso della responsabilità che poggia sulle nostre spalle è sempre più gravoso. Andiamo al lavoro sapendo di stare fianco a fianco tutti i giorni con la morte. Ci sobbarchiamo a nostre spese l’assicurazione, la formazione e l’iscrizione all’ordine professionale”.
Non siamo eroi, siamo professionisti e rispondiamo direttamente per ciò che facciamo o non facciamo, ma nulla ci è riconosciuto rispetto a chi non ha le nostre stesse responsabilità e le nostre stesse angosce. Gli applausi e le pacche sulle spalle non ci aiutano ad arrivare a fine mese. La nostra professione è così svalutata che sono pochi a volerla intraprendere e sono molti invece quelli che si sono stancati e l’abbandonano mentre i più giovani migrano all’estero, attratti da condizioni di lavoro migliori e stipendi più alti. Vogliamo poter dare ai nostri assistiti il meglio di noi, della nostra professione ma dobbiamo essere messi in condizione di poterlo fare. Abbiamo bisogno di un corretto rapporto infermiere/pazienti (1 a 6 per i reparti ordinari) e di veder riconosciute e sviluppate le nostre competenze. Vogliamo poter svolgere l’attività libero professionale, superando il vincolo di esclusività di rapporto, e poter avere una carriera che premi le competenze specialistiche”.
Non vogliamo creare disagio ai cittadini più di quello che già stanno vivendo. Però vogliamo che tutti sappiano che gli operatori sanitari sono la vera risorsa fondamentale per tutti i sistemi sanitari del mondo, ma evidentemente non per il nostro Governo e le nostre Regioni” commenta infine De Zolt. “Chi di noi può si ferma e sciopera, gli altri garantiranno i servizi essenziali, come sempre abbiamo fatto. Confidiamo nel fatto che tutti coloro che hanno apprezzato il nostro coraggio e il nostro lavoro in questa pandemica possano condividere le ragioni della protesta. È proprio a loro che chiediamo un gesto di solidarietà perché siamo fermamente convinti che la società civile sia sempre molto più avanti di chi ci rappresenta nelle istituzioni e siamo sicuri che migliorare le nostre condizioni di lavoro significhi anche migliorare l’assistenza di tutti”.
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